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KAWASAKI er6n: real test!
- Updated: 9 Luglio 2014
Una moto facile, simpatica, completa e l’ ideale per una passeggiata con gli amici sui passi di montagna. In una sigla: ER6N!
La prima versione della bicilindrica parallela made in Kawasaki ha fatto una buona impressione sul mercato, con numeri degni di nota, trattandosi di una moto entry level. Nella sua successiva versione gli ingredienti sono gli stessi, stesso motore con le medesime ottime caratteristiche di elasticità e consumi, mentre altri dettagli sono stati modificati come il catalizzatore a 300 celle (contro le 200 della prima versione) un look un po’ più teso nelle forme con l’ adozione di un codino ridisegnato e un telaio perimetrale con una sezione a D, per attenuare le vibrazioni, forse unico punto debole della prima versione. Migliorato il comfort con l’ adozione di supporti in gomma sulle pedane pilota e passeggero, la sella imbottita al punto giusto per avere un equilibrio tra comodità e possibilità di movimento, la quale ha un taglio leggermente più piatto. Sella comoda, in sinergia con un manubrio dalla forma adatta ad ogni pilota e centaura, ad una altezza sella ideale di 785 mm e a delle pedane con un supporto accogliente, rendono la ER6N una moto facile e accogliente per tutti. Seduti si nota subito una strumentazione nuova, con il contagiri digitale su sfondo arancione, leggibile con molta facilità, comandi sul manubrio ben distribuiti con i vari tasti ben distanziati tra di loro, passando a dei retrovisori che offrono una buonissima visuale posteriore; questo ultimo punto è molto positivo, per motivi di sicurezza e anche di design: la loro proporzione col resto della moto fa sì che non sembrino delle appendici accessorie, ma elementi di un unico disegno. Il serbatoio è più sagomato offrendo più comodità per le cosce, e la sua capacità rimane invariata a 15.5 litri, che consente delle autonomie lodevoli.
Spendere due parole sul motore 649cc mi pare doveroso, in quanto presenta delle caratteristiche racing inedite su una moto a basso costo. Mi riferisco al cambio estraibile a 6 rapporti, ben pensato nella rapportatura, che consente di raggiungere velocità massime intorno ai 200 km/h. I più esigenti potrebbero lamentarsi di una seconda marcia troppo corta e di una terza troppo lunga, ma si deve tener conto che si tratta di una moto “multi-purpose”, quindi utilizzabile con agilità anche nel traffico metropolitano. Capace di sviluppare 72.1 CV con un limitatore posto a circa 10mila giri, fa sogghignare anche i centauri più smaliziati, perché la potenza è ben distribuita sull’ arco di erogazione fino ai 8mila giri; a mio parere è un po’ innaturale per un 2 cilindri arrivare con facilità a tali regimi di rotazione. La voce che esce dal terminale è educata, come ogni casa giapponese impone (i limiti fonometrici delle terre dei samurai sono più restrittivi), ma alcontempo avvisa con garbo del suo arrivo. Apparato di scarico interessante perché integrato nella parte inferiore della moto, stile Buell, che non fa altro che abbassare il baricentro della moto, a tutto vantaggio dell’agilità a basse velocità.
Dinamicamente, la moto si comporta bene quanto la versione precedente, un reparto forcella senza regolazioni (purtroppo secondo me) permette allo sbarbato delle due ruote di capire come si muovono i pesi nelle varie situazioni, i più navigati potrebbero lamentare un po’ di cedevolezza e di eccessiva velocità in affondo. Il monoammotizzatore laterale posteriore (altra caratteristica tipica del modello) invece, regolabile nel precarico, fa il suo sporco lavoro in modo egregio. E la sua forma si integra molto bene nella visuale laterale della moto, lode ai designer.
Freni, a mio modo di vedere, una delle chicche di questa easy-bike. Dischi anteriori da ben 300 mm con profilo a margherita, tipicamente di mamma Kawasaki, vengono morsi da pinze freno Tokico gentilmente donate dalla cugina più corposa Z 750. Pompa freno anteriore e posteriore Nissin lavorano bene, al posteriore forse troppo per quanto riguarda il mordente sul disco da 220 mm (sempre a margherita); tuttavia, è molto ben modulabile, e la corsa è lunga al punto giusto.
La ER6N, “errina” per i più sdolcinati, calza pneumatici 120/70 anteriori e 160/60 al posteriore, e come primo equipaggiamento troviamo delle buonissime Dunlop Roadsmart con tecnologia bimescola, gomme di un certo livello che vanno a sostituire le non moltissimo apprezzate d208.
Offerta nell’anno di lancio (2009) con tre colorazioni, bianco, nero e arancio, tutte con telaio colore grigio scuro, appare una moto più seriosa a livello cromatico, cosa non apprezzata da tutti, se si pensano alle colorazioni molto più sprint (o power ranger, de gustibus) della prima versione sempre nell’ anno di lancio, il lontano 2005 (nera con telaio oro, gialla fluo con telaio oro, oppure grigia con telaio rosso).
Riassumendo in poche righe questo prodotto della casa di Akashi? Una moto reale, seria, divertente, istruttiva, soddisfacente! Un mezzo emozionalmente facile, furiosamente educato e ottima anche per delle romantiche gite con zavorrina. Per gli amanti del turismo c’è anche la versione carenata F, e la più enduristica Versys. Tre diverse moto, tutte con lo stesso cuore bicilindrico frontemarcia. La naturale evoluzione della vecchia tripletta ER5, GPZ 500 e KLE 500.
Bella pensata, Kawasaki!
Questo test è stato condotto e redatto da Valerio Garagiola. Lettore di Motology.
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