MOTOLOGY

WSBK 2017 – LA FINE DEL CAMPIONATO : THAT’S ALL FOLKS

UN CAMPIONATO CON I ‘SOLITI’ PROTAGONISTI E IL DOLORE PER LA PERDITA DI NICKY HAYDEN

 

 

“2017 – per quest’anno non cambiare, stesso campione, stesso team”

Un 2017 che, come sempre, per gli appassionati è finito troppo presto.. seppur non sia stato il campionato più emozionante degli ultimi anni.
Poche le bagarre memorabili in questa stagione e tante, forse troppe, le gare stradominate e vinte in solitaria.. che hanno fatto fare qualche sbadiglio di troppo ad un pubblico che, la Superbike, la ricorda diversa.
Ma quali sono le cause?
Lo stradominio del campione? Un dislivello troppo elevato fra le case e i team? Il sistema generale?
Lo spettacolo però è qualcosa che coinvolge lo spettatore e non l’addetto ai lavori che, indiscutibilmente, punta al risultato.

 

A farla da padrone, come ormai siamo abituati da qualche anno a questa parte, è stato nuovamente il team Kawasaki Racing.
C’è chi dice che la moto sia di buon livello ma addirittura non la migliore del lotto. Poi c’è chi dice che il segreto della verdona giapponese sia il Fattore R.. che ovviamente sta per Rea.
18 vittorie stagionali ( 16 solo del campione del mondo ) e 40 podi.. con 26 gare all’attivo.
Se questo non è un dream team, qualcuno crei un sostantivo adatto a descrivere ciò che la Superbike sta vivendo negli ultimi anni.
Inutile trovare scusanti o sottolineare ancora una volta la forza di Jonathan Rea che, in Kawasaki ha trovato la sua dimensione e la migliore maniera per esprimersi.
A prescindere dal numero di vittorie e di podi e di errori (per i quali pure le dita di una mano sono troppe), Rea ha spiazzato la concorrenza per talento, astuzia, cattiveria agonistica e intelligenza.
Non a caso, i regolamenti stanno poco a poco andando a modificarsi per cercare di riportare l'”alieno” a competere con gli altri.
Tom Sykes, suo compagno di squadra, seppur un gran pilota non è quasi mai riuscito a tenere testa a quello che, ora come ora, oltre ad essere la prima guida del team è anche candidato a diventare il campione più vincente nella storia della categoria.
Tanti gli errori, tanti i problemi e poca cattiveria in pista per Tom che il secondo posto in classifica mondiale l’ha perso all’ultima gara; un risultato che sa un po’ di amaro e un po’ di resa.

Quest’anno in lizza per il mondiale oltre a Sykes ci sia aspettava un altro pilota: Chaz Davies.
Dopo l’ottima fine del campionato 2016, i presupposti per un 2017 da sogno sembravano esserci già tutti e i riflettori erano già puntati su di lui.
Il gallese ha fatto una stagione costante: 7 vittorie e 18 podi che, però, non sono bastati per rimanere in scia a Rea.
Tante sfortune, tanti errori e 5 zeri che pesano tantissimo.
A differenza di Sykes, il pilota Ducati però ha dimostrato di essere uno che non si arrende.. soprattutto in bagarre.
Dopo il secondo posto in campionato perso lo scorso anno per soli due punti, quest’anno il titolo di vice campione del mondo lo ha portato a casa.
Ai piedi del podio mondiale troviamo l’altra metà del box rosso: Marco Melandri.
Rientro nel mondiale difficile per il ravennate che però, in un modo o nell’altro, sul podio ci è finito ben 12 volte, centrando la vittoria a “casa”: in gara2 a Misano.
Tanti i problemi e tante incomprensioni con una Panigale che, però, è indubbiamente cresciuta ed è tornata quella di un tempo.
Una stagione “warm up” che si spera possa servire per iniziare un 2018 all’attacco e non in inseguimento.

Parlando di Ducati, impossibile non citare il lavoro svolto da Xavi Fores ed il Team Barni.
Una stagione con qualche difficoltà tecnica che, però, ha anche avuto grandi risultati.. spiazzando anche il team ufficiale.
Grandi prestazioni in Superpole e grande protagonista in gara: le più belle bagarre nel gruppo inseguitori trovano il suo nome fra i protagonisti.
Un settimo posto in classifica mondiale che profuma di orgoglio per un team come quello di Barni e che ha fatto suonare qualche ‘campanello’ in casa Ducati.

 

Nonostante mille cadute, errori e problemi una bella sorpresa che prende il nome di PATA Yamaha spunta in classifica mondiale.
Infatti fra pezzi di ricambio, carene distrutte e “ricatti” contrattuali, Alex Lowes è riuscito a ottenere il quinto posto, davanti al compagno di squadra Michael Van Der Mark.
Una stagione in costante top5 per l’inglese che, come sua consuetudine, ha buttato via qualche risultato importante (quattro i ritiri in gara).
L’atteggiamento un po’ “kamikaze” (gene di famiglia, considerando anche il gemello Sam) che l’ha sempre fatto amare dal pubblico è stato a tratti la chiave della sua buona stagione.
La moto è cresciuta a pari passo del feeling fra mezzo e pilota e l’anno prossimo potrebbero esserci sorprese.
Meno consistente, a giudicare dai risultati, la stagione dell’olandese su cui Yamaha punta molto.
Un inizio di stagione difficile per Van Der Mark, alla sua prima stagione con la giapponese “blu”, che poi ha visto un crescendo a metà, per poi calare nel periodo estivo e andare a migliorare sul finale.
Yamaha ha in mano una coppia giovane, veloce e talentuosa che, se seguita nel giusto modo (come quest’anno) può regalare emozioni e grandi cose.. cosa già dimostrata anche alla Otto ore di Suzuka per altro.

Da sottolineare la crescita del team Milwaukee Aprilia, dall’inizio del campionato al round 13, disputatosi poche ore fa in Qatar.
Dopo un 2016 che ha deluso un po’ tutti, la moto di Noale sembra poter tornare quella di qualche anno fa.
Una stagione fatta prestazioni di livello ( in prova ed in gara) alternate a gare sottotono per entrambi i piloti della casa italiana che, oltre a scontrarsi con qualche problema hanno dovuto fare i conti con qualche gap tecnico che ancora si presenta.
Lorenzo Savadori sempre più maturo è riuscito a trovare in Eugene Laverty un compagno di team con il quale lavorare per il raggiungimento di un obiettivo comune e scontrarsi, in modo leale, in pista.
Quest’anno è iniziato con dei primi piazzamenti in top10, per passare alla metà stagione dove la top15 era il traguardo massimo, ai consistenti risultati di fine campionato .
La crescita, lunga nove mesi, ha cominciato a dare i suoi frutti nella fase conclusiva ed a confermare il tutto c’è anche la classifica: decimo ed undicesmo posto per Laverty e Savadori, separati da pochi punti e non troppo distanti dai piloti che li precedono.

Parlando di sviluppo e crescita di moto e prestazioni, è impossibile non soffermarsi sull’immenso lavoro svolto dal Reparto Corse Mv Agusta in questo 2017.
Il team ha trovato in Leon Camier una prima guida ed uno sviluppatore che, in tre anni, è riuscito a far rifiorire una moto indubbiamente vecchia.
Una storia nata a Laguna Seca nel 2014 in cui l’inglese ha corso come sostituito di Claudio Corti e che ha poi preso vita nel 2015.
Tre stagioni difficili, sotto il punto di vista tecnico e di affidabilità, scandite però dal duro e comune lavoro che hanno portato ad una apprezzabile crescita.
Tanti podi sfiorati e persi a causa di condizioni tecniche poco amichevoli, tanti momenti difficili ma tutti affrontati con la consapevolezza di aver fatto crescere una squadra ed una moto nella direzione giusta.
Con il round del Qatar, Leon ha terminato la sua lunga collaborazione con la casa di Varese; un finale di stagione che sicuramente non soddisfa ma che chiude un cerchio e permette al pilota di chiudere all’ottavo posto in classifica.
Dietro di lui ( nonchè colui che prenderà il suo posto nel team) a pochi punti di distanza troviamo Jordi Torres.
Si conclude con una stagione sottotono la collaborazione dello spagnolo con Althea BMW dopo due anni. Solo 3 le Top5 ottenute in questa stagione e nessun altro guizzo degno di nota.

Nel 2018 il lavoro dovrà riiniziare in un’altra squadra, con progetti e possibilità (sulla carta) diverse, che quest’anno ha faticato per molteplici motivi.
Un 2017 molto difficile per la squadra Red Bull Honda; sia per una moto che ancora sembra scostante, sia per un team che non si è quasi mai trovato le stesse guide.
Da Hayden a Bradl, da Giugliano a Gagne; risultati mediocri per tutti, sintomo che qualcosa non funziona.
Il 2018, con la nuova prima guida trovata in un pilota di grande esperienza come Camier, è l’anno della resa dei conti.

 

Il 2017 però verra. purtroppo, ricordato come l’anno che ci ha tolto Nicky Hayden; grande talento in pista e uomo di cuore immenso al di fuori.
Dietro ad un comportamento ogni tanto schivo, l’americano è stato capace di costruirsi un immagine rispettata ed amata da tutti.. dai suoi tifosi e non solo.
Una stagione che non ha mai visto grandi risultati e che, purtroppo, si è arrestata troppo presto e non a causa dei soliti problemi di budget dei team.
Un lutto diverso da quelli in pista: un lutto al quale non puoi nè vuoi credere per le sue dinamiche a dir poco assurde.
Una ferita ed una frattura nel mondo SBK che è stata pesantemente sentita in questi ultimi sei mesi.
Ciao Nicky. noi non ti dimenticheremo.

 


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