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A Phillip Island 24 cadute in sei giorni: sarà normale?
- Updated: 26 Febbraio 2014

Nel primo round del Mondiale Superbike a Phillip Island, le numerose scivolate, hanno condizionato lo schieramento di partenza.
Phillip Island inaugura il Mondiale SBK 2014 con una poderosa serie di cadute.
Trascorrono gli anni, evolvono i motori, i telai e le gomme, si spendono moltissimi soldi nelle gestioni elettroniche, con l’obbiettivo di rendere i mezzi più sfruttabili, veloci e sicuri e, ancora, si modificano i circuiti di gara, con l’ampliamento degli spazi di fuga e nella ricerca di migliori asfalti.
Nonostante tutto, le cadute, in pista, rimangono troppe; prendiamo, per esempio, il primo appuntamento mondiale di questa stagione, ovvero, la gara di Phillip Island SBK, corsasi pochi giorni fa: 12 cadute nei test pre-gara, ed altre 12 nei tre giorni ufficiali, suddivise tra prove libere, qualifiche, superpole e le due manche disputate.
In tutto: 24 cadute in sei giorni, uno score di rilievo, se consideriamo, poi, che molte di esse, hanno generato brutti infortuni e la rinuncia alla partecipazione delle corsa.
Il francese della BMW EVO, Sylvain Barrier, dopo un brutto volo a circa 200 km/h, ha riportato la frattura del bacino, tali da costringere il pilota all’ospedale, ed il team alla sua sostituzione, con l’australiano Glen Allerton.
Stessa sorte al “nostro” Luca Scassa che, su Kawasaki EVO, si è visto travolto dalla propria ZX-10R, rimediando bruttissime fratture pelviche, con le quali è risultato impossibile gareggiare. Il suo sostituto, l’australiano Matthews, ha poi completato l’opera distruggendo la moto in prova, sicchè, weekend finito per uno dei due piloti del team Pedercini.
Non è andata meglio a Michel Fabrizio, Kawasaki del Team Grillini, né per il rookie Geoff May, sulla americana e debuttante Buell: il primo non ha rimediato, fortunatamente, fratture, ma colpi, botte e ferite in tutto il corpo, tali da indurre la commissione medica allo stop . Il secondo è letteralmente decollato in aria in un curvone da quarta marcia e, nell’atterraggio, clavicola rotta e pilota in veste di spettatore forzato non pagante.
Questi appena elencati sono stati gli incidenti peggiori, ma non possiamo dimenticare le brutte cadute di Davies, Sykes, Melandri e Lowes, con quest’ultimo che ha riportato la frattura di un piede, con la quale ha convissuto correndo entrambe le manche.
La SBK, è una categoria spettacolare ma, comunque, sicura, ben organizzata e tutelata. Si sono sentiti commenti di vario genere, che hanno puntato l’attenzione sulla qualità delle gomme Pirelli. Ebbene, ingiustamente , poiché il prodotto italiano è un autentico riferimento nella produzione di pneumatici per auto e moto, che siano stradali o racing. In questi anni di monogomma, ossia, dal 2004 ad oggi, la Pirelli ha fornito coperture prestanti e di assoluta affidabilità.
Dito, quindi, puntato sulla fattura dell’asfalto di Phillip Island che, invece, dopo il restyling dello scorso anno, si è dimostrato liscio e aderente con un tavolo d biliardo.
L’accusa è poi ricaduta sulle ambiguità regolamentari, rappresentate dalla partecipazione contemporanea di moto SBK ed EVO, con relative diversità di elaborazione e di prestazioni. Ma anche qui, non si possono considerare ipotesi attendibili, infatti, in gara, non si sono verificati episodi o problemi in tal senso.
Sicuramente, qualche pilota, accusando distacchi pesanti ed incolmabili, tende ad “osare di più”, nel tentativo di colmare il gap accumulato ma, indubbiamente, ognuno di loro saprà benissimo dove si trovi il limite
Il limite, purtroppo,o per fortuna, va inseguito, cercato ed esplorato, fino al rischio di caduta. Ed un campione, questo lo sa benissimo, ecco perché non si tirerà mai indietro.
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