MOTOLOGY

PERCHE’ AL TT MI SENTO A CASA

PENSIERI AL RITORNO DALL’ISOLA DI MAN

Metto subito le mani avanti, ciò che segue è un lungo racconto/confessione/delirio(forse) che potrebbe avere poca inerenza con le corse su strada in senso stretto, quindi se non siete interessati, chiudete pure e amici come prima.

Sono in un’età ormai “adulta”, ma no troppo; quel tanto necessario per esser considerata adulta e “presa sul serio”, forse non ho viaggiato molto, ma per quel poco che ho fatto fino ad ora c’è solo un posto che mi fa sentire a casa: l’Isola di Man.

Le motivazioni che mi fanno sentire questa bella sensazione sono tante, provo a spiegarle.

L’Isola di Man ti accoglie sempre a modo suo, quest’anno il mio stato d’animo nel rivederla era un perfetto equilibrio di gioia pura e paura. Atterrare quando ci si avvicina al tramonto, in una giornata di sole, luci e sfumature di colori che si perdono fra il mare e la cittadina ha fatto si che rivedersi fosse una novità, beh si in fondo era la prima volta che la vedevo quest’anno! Arrivare in paddock e godersi le ultime luci guardando il Grandstand e Glencruthchery Road mi ha fatto versare qualche lacrima lo ammetto, felice di essere tornata ed ho visto quelle sfumature come il mio personale “bentornata”. (La foto che vedete l’ho scattata proprio in quei momenti)

Camminare, a volte correre o quasi, per il paddock ti permette sempre di immergerti in un mondo a se, fatto di infiniti accenti, ognuno con la sua diversa sfumatura; delle volte si viene interrotte nella conversazione da un inaspettato “italiane?!?!”, anche se non si parla ad alta voce. Potersi fermare, il più delle volte ad ammirare, i meccanici intenti a lavorare è un regalo che solo il TT può fare (per lo meno fra le competizioni internazionali) e nei momenti giusti anche scambiare due chiacchiere con addetti ai lavori o piloti.

E poi gli amici! Nel corso di questi anni ho conosciuto e continuo a conoscere molte persone, (più di quante avrei mai immaginato dieci anni fa!), alcune delle quali rivedo una volta l’anno. Rivedersi è sempre bello, abbracciarsi dopo tanto tempo, ma anche conoscersi di persona dopo molti messaggi telematici, in entrambi i casi ciò che non cambia è il calore dei sorrisi che accompagnano gli abbracci. Io quest’anno ho ricevuto tanti di quegli abbracci, così preziosi che da soli bastano il biglietto aereo per il prossimo anno.

Il paddock è una famiglia, ok molto allargata, magari non ci si conosce tutti (e non tutti ci si trova simpatici, per carità, può succedere), ma un filo invisibile collega e accomuna tutti.

Ho purtroppo avuto modo di vivere in maniera diretta e “live” lo shock per la scomparsa di un pilota, un pilota che è anche un padre o un figlio o un fratello o un amico, un punto di riferimento. Ciò che accade è indescrivibile a parole, ma nel momento in cui incontri chi è direttamente coinvolto capisci che da quell’istante in poi condividerete un dolore, nonostante il sole continui a splendere un velo grigio avvolge il paddock, tutto inizia a scorrere a rallentatore, ogni secondo viene scandito con più solennità, a ricordare quanto prezioso sia il nostro tempo, non solo quanto si è alla ricerca del best lap.

A quel punto cosa fare? Sono poche le cose “sensate”, abbracciare chiunque abbia bisogno, può essere una richiesta silenziosa di o un disperato SOS, perché in questi momenti non si vuole essere soli. “Lavorare” subito per chi a distanza di poche ore, se vorrà, indosserà ancora quel casco dalla grafica personalizzata e salirà su quella moto, nella quale ha fiducia più che nel proprio compagno o compagna e “distrarlo”. Non siamo cinici o menefreghisti, ma ogni cosa ha il suo tempo, noi che rimaniamo in paddock, sul tracciato o ai box dobbiamo farci carico dei pensieri dei “nostri” piloti, per permetter loro di lasciar spazio solo alla concentrazione.

Io non so cosa mi riserva il futuro, al momento però non vedo l’ora di tornare a casa, è lì che il mio cuore è rimasto e mi aspetta. A presto Isola di Man!


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