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ITALIAN GP : MUGELLO – IL BELLO e IL BRUTTO DI ESSERE ITALIANI
- Updated: 5 Giugno 2018

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Noi italiani siamo sempre schifosamente di parte quando si parla del nostro paese.
Siamo i primi a giudicarlo, a sottolinearne più i contro che i pro.. ma siamo anche capaci di ritrovare la lucidità e di rimanere senza fiato in certe occasioni.
Mi ci metto dentro anche io.. alla fine siamo italiani, e per quanto piaccia o meno, siamo un po’ tutti uguali sotto alcuni aspetti.
In questo weekend però l’italiano appassionato di motociclismo ha sentito le stesse emozioni di altre 100.000 (e passa) persone.
L’emozione che ti coglie quando arrivi a Scarperia e quando ti trovi in mezzo alle colline toscane è qualcosa di difficile da spiegare: la bellezza naturale del nostro paese che ti colpisce dentro, i sali e scendi asfaltati illuminati dalla luce del sole.. e poi, poi l’arrivo nel circuito più bello del mondo.
E, fidatevi, non è una frase retorica: il Mugello richiama appassionati da tutte le parti del mondo proprio per la sua particolarità, per il luogo dove sorge e per quell’immensa, meravigliosa atmosfera che si crea in 3 giorni di corse.
Si possono sottolineare tante altre cose belle: la possibilità di dormire sui prati con vista paddock (meraviglioso), il grande spirito di aggregazione, il clima di festa che continua per 72 ore no stop.
L’Autodromo del Mugello è bello fuori e ancora più dentro: la sua particolarità, difficoltà, tecnica è una delle tipiche cose che ti fa amare o odiare una cosa, senza vie di mezzo.. ma quale pilota andrebbe mai a odiare una Casanova-Savelli, una Arrabbiata o una Bucine? Nessuno.
Le colline piene di spettatori, il giallo – un solo ed unico colore a far da padrone – che seppur uno non sia d’accordo è di un impatto visivo così forte da lasciare abbagliati ed il tifo immenso per qualsiasi pilota di nazionalità italiana.
E poi l’inno prima della partenza, il passaggio e la coreografia pazzesca delle nostre Frecce Tricolori, hanno fatto acquisire al GP d’Italia ancora più unità degli anni scorsi.
Qualche presenza in meno (si parla di 10.000 persone solo nella giornata di domenica) che però sono state comunque compensate da tutti i presenti.
Dopo il triplete del 2017, il pubblico non è stato premiato con vittorie italiane ma bensì con 5 podi (su 9 in gioco) : Bezzecchi e Di Giannantonio in Moto3, Baldassarri in Moto2 e Dovizioso e Rossi in MotoGP.
Tutto potrebbe sembrare quasi idilliaco, ma come al solito il pubblico italiano si è fatto riconoscere anche per aspetti che con la sportività e l’amore per questo mondo hanno ben poco a che fare.
Dopo i manichini vestiti da Marquez ed altre idiozie degli anni precedenti, quest’anno si è – speriamo – toccato il fondo, creando la tomba dello spagnolo, con tanto di lapide (con data di nascita e morte, fissata nel giorno del GP), scheletro ed oblazione. Chi di dovere ha provveduto a far togliere subito lo scempio, ma nei giorni successivi sono spuntati altri stupidi casi. Ciò che fa discutere ed arrabbiare è che questi non sono tifosi, quelli che i piloti meriterebbero davvero, ma puri ultras fantatici che invece che arricchire il nostro sport lo indeboliscono e lo mettono sotto cattiva luce.
Poi si va a scoprire che sono gli stessi a piangere e postare foto commemorative in caso di incidenti e morti in pista; la pura ipocrisia.
Ci sono stati anche casi in cui i tifosi dei piloti spagnoli si sono visti distruggere il proprio merchandising (ad esempio le bandiere sulla tribuna Materassi per i tifosi di Marquez), oltre che essere fischiati ed insultati.
Gli esempi devono essere dati anche dai piloti che, invece che fomentare le loro tensioni dovrebbero arrestarle o per lo meno limitarle davanti alle telecamere, ma a questo punto siamo arrivati ad un punto di non ritorno.
Fischi per Jorge Lorenzo dopo una meritata vittoria, ovazione per la caduta di Marquez e fischi anche per Jorge Martin, vincitore spagnolo della Moto3, e per Miguel Oliveira, vincitore portoghese della Moto2.
Il Gran Premio del Mugello è ogni anno sempre più ricco di contrasti, emotivi e non, ma..alla fine è sempre unico ed è difficile rinunciarci.
Se uno segue il cuore e la passione per forza di cose si ritroverà almeno una volta nella vita a passare davanti a quell’iconico casco all’entrata, porta di sogni e di desideri.. per i piloti e non solo.
credits : Federica Merotto
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